© 1997 Oliver Baumann • Ermenegildo Bidese |
Rauschala dar plèttar | Blätterrauschen | Fruscio di foglie | |||
xxx | Richtige Einzelgänger gibt es nicht unter den Menschen, höchstens Typen, die aufgrund ihrer Ungeselligkeit, ohne Beifahrer auskommen müssen. Ich saß an der Theke und hielt Sicherheitsabstand. Der nächste Spiegel, über den ich die beiden Streithähne neben mir beobachtete, war gerade einen Meter entfernt. Die Debatte dauerte etwas lauter. Ein schwitzender Mann, im Kampf mit einem überschäumenden Weizen. Ich stand zu lange am offenen Fenster, den Blick auf das "schwarze Loch" Hinterhof gerichtet. Wir hatten zuviel geredet. Zuviel und zu lange und so bliebst Du alleine mit dem offenen Fenster. Mein Haß richtete ein Blutbad an, unter den Tauben. Ratten der Luft. Der klare Himmel schmerzt den Augen, wenn man sich zu früh dem Morgen anvertraut. Doch auch dieser Tag wird vergilben. Damis kauerte auf der äußersten Kante des Sofas. Er glich einem Mann in einer eingeschneiten Telefonzelle ohne Kleingeld. Er lauschte dem Rascheln der Plastikfolie an der oberen Fensterluke, seinem Blätterrauschen, und erschauert sanft bei dem Gedanken an weiße Kreidespuren auf schwarzem Asphalt, während sich die Neonnacht ans leere Fenster klammert. Sie, sie hatte versprochen die Dunkelheit zu erhellen. Seine. Und nun desertiert er in den Schlaf, wenn sie besonders wach ist. | Veri solitari non esistono
fra gli uomini, al più dei tipi, che a causa della loro mancanza di socievolezza, devon cavarsela senza compagno di viaggio. Seduto ero al banco e tenevo distanza di sicurezza. Lo specchio più vicino, tramite il quale osservavo i due attaccabrighe accanto a me, distava appena un metro. Il dibattito durò un po’ ad alta voce. Un uomo che sudava, in lotta con la traboccante spuma di una birra bianca. Restai troppo a lungo accanto alla finestra aperta, con lo sguardo diretto al "buco nero" del cortile interno. Avevamo parlato troppo. Troppo e troppo a lungo e così Tu resti da solo con la finestra aperta. Il mio odio fece una strage, fra i piccioni. Ratti dell'aria. Il cielo sereno fa male agli occhi, se ci si affida al mattino troppo di buon’ora. Però anche questo giorno appassirà. Damis stava accovacciato sul bordo più distante del sofà. Sembrava un uomo in una cabina telefonica innevata senza spiccioli. Tendeva l'orecchio verso il fruscio del foglio di plastica alla presa d'aria superiore della finestra, il suo fruscio di foglie, e rabbrividiva dolcemente al pensiero delle tracce bianche di gesso sull'asfalto nero, mentre la notte in neon si aggrappava alla finestra vuota . Lei, (proprio) lei aveva promesso di illuminare l'oscurità. La Sua. Ed ora lui diserta dentro il sonno, quando è particolarmente sveglia. | |||
Oliver Baumann in Zimbar-Gaprècht dar Siban Komàüne Gròazòostarhòam, xx.xx.2021 | Oliver Baumann Berlin-Neukölln, 1986 | Traduzione: Enrico Sartori 12.04.2021 | |||
Pilde gamèrchet von Oliver Baumann | |||||